La Gitana
L'ho tanto cercata, la Gitana e l'ho infine trovata! ... anzi è lei che ha trovato me. Non mi riferisco al dipinto che così si intitola, ma parlo di lei... lei: colei che è effigiata, la bella ragazza mora che ha posato realmente per questo suggestivo quadro, la modella insomma, quella giovane che mia madre Milena ricordava di aver visto alla fermata dell'autobus a Pietrasanta. Era il 1957, il babbo, probabilmente ispirato al brano musicale per violino di Fritz Kreisler intitolato "La Gitana", le aveva parlato del suo progetto di realizzare un'opera che rappresentasse una zingara, ma gli occorreva una giovane bruna, dai lineamenti decisi, mia madre la riconobbe nel volto di quella bella ragazza. Renata, questo è il suo nome, era proprio l'ideale, giovanissima, aveva la pelle di un bel colore dorato: la modella perfetta, così si era espresso l'Artista. Proporre a una ragazza di vent'anni di posare per un pittore poteva sembrare disdicevole. Altri tempi! Il timore dei miei genitori di creare imbarazzo fu presto superato quando vennero a sapere che era fidanzata con il fratello di un amico di famiglia e tutto si risolse. Renata accettò molto contenta e lusingata, infatti venne allo studio un paio di volte la settimana per almeno un mese; ricorda quel periodo con molto piacere e ancora si sente orgogliosa per essere stata 'scelta', per avere ispirato un Artista. Che sorpresa e quanta emozione, quando ho aperto la mail che mi ha mandato Simona: mi scrive che sua madre ancora si commuove al pensiero, si sente una privilegiata. 'La modella' è venuta a trovarmi il pomeriggio di una bella giornata invernale piena di sole, premurosamente accompagnata da due delle sue tre figlie e da una nipote. E' entrata nello studio del Pittore e ha riconosciuto subito l'ambiente con la grande finestra, pieno di luce e colori. Le figlie sono cresciute con i racconti che la madre ha fatto loro di questa esperienza; conserva ancora la fotografia del dipinto, con dedica, che il babbo le ha donato e che ha accompagnato la sua vita e quella della sua famiglia. Questa è per me una cosa bellissima! Crea una condizione di vicinanza e di intimità, un legame che sarà per sempre e che mi era sconosciuto. Questo incontro inaspettato ha portato con sé anche una sensazione molto piacevole, che mi ha sopraffatto, come se il ricordo forte dell'immagine dipinta velasse gli anni passati facendo restare Renata 'la giovane gitana'. Come se la nostalgia della giovinezza, che emergendo coinvolgeva tutti i presenti, si placasse con la cognizione che l'Artista aveva creato una fusione di ciò che la modella è stata, mentre posava, con ciò che continua a essere, l'effigie della Zingara, in una 'trasfigurazione' molto terrena, che ci fa riflettere su noi stessi e sull'esistenza. 'Trasfigurazione' per di più incompleta, mancando l'altra 'visione', l'opera dipinta della quale abbiamo al momento perduto le tracce e possiamo solo immaginarla guardando una vecchia fotografia in bianco e nero. Maria Acci
|
|
Per quanto riguarda i colori dell'opera, avendo in archivio solo fotografie in bianco e nero, dobbiamo affidarci alle parole di Giovanni Arcidiacono nella piccola monografia edita da Il Fauno nel 1960:
“Acci […] è un contemporaneo e pertanto sente e vive attivamente i problemi che assillano la nostra umanità, fra questi va annotato quello vitale della libertà. Tema, questo, che è stato espresso attraverso un'altra tela di bellezza non inferiore alla “Giuditta” ed esattamente ne “La gitana”. E' un grande dipinto. Il cielo è azzurro-scuro in alto, più chiaro a contatto delle rocce della montagna dove questa gitana, bella, imponente, erompe in tutta la sua personalità selvaggia. Il fondo, escluso il cielo, è quasi marrone. La donna, rappresentata per tre quarti, riempe, in primo piano, tutto il quadro. Il volto è attraente, come lo è il corpo. Appare scollata con capelli lunghi e neri. Il petto e il collo sono tutta una massa di luce, il volto è pieno di sensualità. La veste della donna è a larghe righe nere e azzurre. In questa donna l'esigenza della libertà è tale che piuttosto che vivere non libera tra una civiltà dorata, preferisce l'isolamento in una caverna. L'insieme cromatico del quadro è bello ed armonico e lascia stupito l'occhio dello spettatore. La figura è viva, palpita, sembra voglia uscire dal quadro, come se non sopportasse neppure la prigione impostale dalla tela.” |