L'oggetto dell'indagine è stata l'opera “Autoritratto col violino”, della quale rimane in archivio solamente una fotografia in bianco e nero (a destra) ; realizzata tra il 1940 e il 1941, fu esposta per la prima volta all'Interprovinciale di Palazzo Strozzi nella Primavera del '41, riscuotendo grande ammirazione, e, alla fine del 1942, alla prima personale al Lyceum; successivamente arricchì varie mostre, fino all'ultima presso la Galleria Comanducci di Milano nell'aprile 1977.
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Non era stato sino a ora possibile chiarire dove fosse ambientato il dipinto, che significato potesse avere, per il Pittore, l'edificio che si staglia con la sua mole scura contro il cielo. Un lungo periodo di autentica “ricerca investigativa” e un po' di fortuna sono stati necessari per riuscire a raggiungere un risultato certo. Ben sapendo che per molti Artisti, in particolare per Giovanni Acci, le cose che appaiono “esistono”, la ricerca è stata indirizzata su più piani:
anzitutto partendo dai luoghi a lui cari, quelli della sua infanzia e della giovinezza trascorse a Firenze e con l'aiuto degli scritti e degli indirizzi trovati nella sua corrispondenza;
anzitutto partendo dai luoghi a lui cari, quelli della sua infanzia e della giovinezza trascorse a Firenze e con l'aiuto degli scritti e degli indirizzi trovati nella sua corrispondenza;
fondamentale è stata anche la comparsa, sul mercato, di un paesaggio (a sinistra) in cui è raffigurato proprio lo stesso edificio; l'opera, della quale non si conosceva l'esistenza, oggi è proprietà di un giovane e appassionato collezionista di Fiumetto (LU). Si tratta di un olio su tela di cm. 65x80.
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A questo punto si è reso necessario lo studio delle vedute aeree e delle planimetrie degli anni '40 della città di Firenze, che ha permesso di riconoscere, nella costruzione rurale, il casolare di pertinenza di Villa Fioravanti a Bellosguardo, visto dal Prato dello Strozzino, e stabilire con certezza il suo orientamento.
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La conferma definitiva si è avuta con un sopralluogo, ripercorrendo via Monte Oliveto e cercando di osservare gli spazi con lo stesso sguardo del Pittore; non c'è ombra di dubbio, siamo nella zona che egli frequentava da ragazzo, vicino alla sua abitazione, nei luoghi che lo hanno accompagnato nella sua formazione e che tanto hanno ispirato la sua Arte.
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L'identificazione del luogo ha messo in discussione il titolo con cui il secondo dipinto è riapparso: “Notturno”, ma chi lo ha denominato così è stato tratto in inganno, oltre che dall'oscurità, dalla presenza della stella nel cielo e dalla finestra illuminata e ha pensato che fosse una scena crepuscolare. In realtà il paesaggio dovrebbe essere intitolato “Mattino” in quanto è rappresentato alle prime luci del giorno, lo testimonia l'orientamento dell'edificio: il chiarore, apparendo alle sue spalle, si colloca a est, quindi è quello dell'aurora. La stella lucente che si scorge sullo sfondo è il più luminoso corpo celeste visibile sia all'imbrunire che poco prima dell'alba: il pianeta Venere, in questo caso, secondo la tradizione, non Vespero, ma Lucifero-portatore di luce. Il cielo rappresentato nel dipinto, infatti, in base alla simulazione compiuta secondo le coordinate geografiche, è compatibile con quello visibile tra la metà di agosto e i primi di ottobre del 1940 e concorda con la logica dell'aspetto biografico e la cronologia dell'attività dell'Artista. Adesso divengono più comprensibili particolari come il cielo leggermente illuminato, un po' offuscato, e le zone in ombra dove gli arbusti contrastano con la vivacità del verde cupo dell'erba, ravvivato dopo la calura estiva. |
Questo paesaggio, pur appartenendo a metà del secondo anno di attività del Pittore, ne testimonia il percorso artistico intrapreso, molto personale: con un'impostazione di squisita sensibilità; diventa a posteriori il bozzetto per l'ambientazione storico-temporale dell'”Autoritratto col violino” che viene eseguito poco tempo dopo; inoltre è la conferma che, come l'Autore ha sempre dichiarato, la sua grande maestra è la Natura. Dopo 76 anni, c'è proprio tutto: la grande casa, la finestra illuminata che suggerisce la presenza umana e diventa additivo di un'alchimia perfetta, la siepe in discesa, il cipresso cresciuto lentamente che svetta e sembra sfiorare il cielo toscano, i rovi e il muretto con la parte diroccata, rimasta tale fino a non molti anni fa. Proprio questa recinzione che racchiude il prato, presente in quel terreno, è stata volutamente fatta rientrare nell'inquadratura, come se l'Autore volesse porre un limite da valicare nella ricerca di un “oltre”, tema che verrà ritrovato negli anni a venire. |
"Abitavamo una casa in aperta campagna; una via stretta, una fila di case e davanti un muro alto più di un uomo: il mondo, il mistero che c'era di là da quel muro m'attraeva allora in un modo tutto singolare."
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da lettera a Milena, Gombola, novembre 1944